LA RIFORMA NECESSARIA

Questo documento, condiviso e sottoscritto dall’assemblea autogestita degli studenti di Lettere e Filosofia, a seguito del blocco della didattica di via Balbi 4, è il comunicato ufficiale con il quale ci rivolgiamo al Magnifico Rettore e ai vertici dell’Università di Genova.

Il
6 agosto scorso è stata approvata una riforma che sancisce la morte
dell’università pubblica italiana: il Parlamento Italiano ha
convertito in legge un decreto che prevede la riduzione dei fondi
(500 milioni in meno in tre anni) destinati all’università, con il
rischio per molti corsi, facoltà o addirittura atenei di chiudere i
battenti. Si paventa la possibilità per gli atenei che non
riuscissero ad andare avanti con i fondi pubblici di diventare
fondazioni private, il che implica che le tasse di iscrizione
potranno arrivare ad essere anche 10 volte superiori al tetto massimo
attuale.

Questo
non è che il colpo di grazia. L’università negli ultimi dieci anni
ha vissuto un clima di riforma permanente, che progressivamente ha
limitato sempre più l’accesso alla formazione, dequalificato i
saperi e svuotato di significato e utilità i corsi di laurea: a
livello diffuso c’è un senso di inutilità dell’università, che non
fornisce nessuna garanzia rispetto al futuro degli studenti; è agli
occhi di tutti il fallimento del sistema del “3+2”, che ha
portato a una frammentazione e compressione dei corsi e nessun
cambiamento sostanziale nella didattica.

L’università
è ridotta a strumento del mercato: crea figure precarie, abituate e
pronte a farsi inghiottire da un sistema basato su competizione,
flessibilità, scarse sicurezze rispetto al proprio futuro, senza
battere ciglio. L’università è un nodo centrale della produzione:
fornisce attraverso stage formativi manodopera gratuita alle aziende.
A questo si limita l’intervento dei privati nell’università
italiana: ottenere lavoratori giovani, privi di diritti, a costo
zero, da sfruttare per qualche mese.

L’università
è essa stessa azienda: assume personale a tempo determinato da
impiegare nel lavoro di segreteria, nelle biblioteche, nei laboratori
con contratti a tempo determinato e scarsi diritti. Da qui a pochi
giorni nell’università di Genova circa 500 di questi lavoratori
precari perderanno il posto di lavoro e molti dei servizi erogati
agli studenti verranno inevitabilmente tagliati.

Anche
la ricerca è sottoposta alle stesse logiche di mercato: in alcuni
atenei i ricercatori si vedono proporre contratti della durata di
appena 6 mesi. Cosa si può ricercare in meno di un anno oltre al
prossimo contratto di lavoro? Inoltre i tagli della riforma
Gelmini-Brunetta sanciranno definitivamente la morte della ricerca
libera, subordinando
l’alta
formazione a finanziamenti privati legati alle logiche di mercato.

L’università,
quella di Genova in testa, è una piramide rovesciata, con una base
piccola piccola fatta di ricercatori, dottorandi e borsisti e un
vertice pesantissimo fatto di baroni intoccabili e strapagati.

È
un’università nella quale gli studenti sono relegati al ruolo di
spettatori: non c’è nessun coinvolgimento nella didattica, nessun
incentivo alla produzione di saperi altri, nessuno stimolo alla
ricerca, solo lezioni frontali, nozioni da imparare e ripetere, una
didattica spesso autoritaria e sempre unidirezionale.

L’università
frammenta le esistenze ed esperienze, ognuno confinato nella propria
facoltà, nessuno scambio di conoscenze, nessuna condivisione di
esse, ognuno col suo pacchetto di sapere specifico. Tutto è
finalizzato al poter spendere queste precise conoscenze sul mercato:
se non si crea movimento di denaro la cultura è ritenuta inutile,
una spesa e basta.

Nessun
investimento è fatto sugli studenti, che sono considerati una spesa
per la società: tutto ciò che si vuole imparare lo si deve pagare.
Le leggi sul copyright limitano la circolazione e la condivisione dei
saperi, se non si hanno i soldi per comprare i libri si rimane
ignorante. E poi le tasse, il cibo, i trasporti, gli affitti: nessuno
sconto. La figura di studente universitario non ha nessun
riconoscimento a livello sociale: o paga papà, oppure si paga
lavorando; insomma o mantenuto o studente-lavoratore, l’università
è considerata un lusso che va pagato!

Tutto
è scomposto e frammentato: a tot pagine studiate corrispondono tot
crediti, a tot ore di lezione tot crediti, a tot ore di stage tot
crediti. Il concetto “il tempo è denaro” è stato rimodellato
per arrivare al concetto di crediti formativi: visto che, finché si
leggono dei libri, non si produce niente di materiale, invece che
denaro spettano crediti formativi.

Nell’università,
proprio come nelle catene della grande distribuzione, non ci sono
spazi per la socialità: come ai dipendenti di Esselunga è vietato
fraternizzare in modo che non possano scoprire bisogni e problemi
comuni e quindi condurre battaglie sindacali comuni, così le
esistenze degli studenti sono frammentate in modo da non fare
scoprire aspirazioni, desideri ed esigenze comuni, necessari a
costruire un’identità comune e portare avanti rivendicazioni
concrete.

Non
solo l’università, ma il sistema formativo in generale stanno
fallendo e la crisi viene affrontata con la pantomima dell’autorità:
il maestro unico, il grembiule, il voto in condotta, la soluzione
proposta dalla Gelmini è un autoritarismo didattico che coinvolge
tutto il ciclo formativo.

La
riforma dell’università è già legge, non c’è più tempo per
l’attesa, è tempo di agire, è tempo che gli studenti siano
protagonisti e determinino il proprio futuro e quello dell’istruzione
di questo paese.

Bisogna
riprendere in mano le relazioni sociali, confrontarsi, parlare,
muoversi, produrre conflitto dentro e fuori gli atenei, per far
nascere una critica radicale a questo sistema e una nuova università,
libera, autonoma, accessibile a tutti, critica, svincolata dalle
logiche di mercato e sensibile alle esigenze delle persone che la
vivono ogni giorno.

Non
abbiamo nulla da perdere. Se non ora quando?


Chiediamo
ufficialmente al Magnifico Rettore dell’università di Genova di:

  • istituzionalizzare
    il blocco della didattica in tutto l’ateneo genovese

  • esprimersi
    chiaramente sulla situazione dei 500 precari che vanno incontro al
    licenziamento

  • prendere
    l’impegno formale e scritto che
    durante
    il corso del suo mandato, l’Università di Genova non verrà
    trasformata in fondazione privata

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BLOCCO DELLA DIDATTICA A LETTERE E FILOSOFIA

Questa mattina alle nove, è stata bloccata integralmente la didattica nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova, in adesione allo stop nazionale delle lezioni cui partecipano le università di Bologna, Pisa, Firenze, Bari, Milano, Torino, Napoli e Roma.


Dopo il blocco e un primo momento di confronto, un corteo spontaneo si è mosso verso Giurisprudenza e Scienze Politiche per coinvolgere gli altri studenti, estendendo temporaneamente il blocco della didattica anche a queste facoltà. Il corteo ha dato vita ad una grande assemblea, in cui sono state delineate collettivamente le modalità di azione per i prossimi giorni e approvato un documento indirizzato al Magnifico Rettore, chiedendo ai docenti e ai vertici dell’Ateneo di schierarsi apertamente contro la riforma, senza ambiguità.

Questa
mattina alle nove, gli studenti, radunati a centinaia nell’atrio di via Balbi 4, hanno voluto dare un segnale
forte e visibile: ci siamo anche noi
. Insieme ai 501 precari dell’università genovese ai
genitori e gli insegnanti delle scuole superiori, medie ed elementari,
che saranno quì domani per portare le loro testimonianze. Non siamo
disposti ad accettare i danni incalcolabili che questa riforma provocherà al mondo dell’istruzione pubblica, al nostro futuro e a quello del Paese intero.
Pretendiamo che
il corpo docente e i vertici prendano una posizione netta in merito a questa vergognosa
riforma. E vogliamo che sia chiaro che questo non è che l’inizio.

Le forme e i
modi della protesta hanno iniziato ad evolversi in maniera orizzontale
e partecipata e continueranno a farlo nei prossimi giorni.
E’ già partita una fase d’autogestione per promuovere e sostenere la formazione di collettivi in tutte le facoltà, anche in quelle storicamente meno recettive. Sono state fissate riunioni e momenti informativi, a Scienze Politiche come a Scienze Naturali, stabiliti contatti e relazioni interfacoltà per allargare la protesta. Stiamo lavorando ad un grande corteo che coinvolga tutti coloro che si oppongono allo scempio dell’istruzione Italiana, che sfili per le strade per abbattere l’assurdo divisorio che separa la protesta in atto nel mondo dell’istruzione, da una società civile sempre più indolente e sopita. Domani cercheremo di delineare un quadro complessivo delle conseguenze della Riforma Gelmini, attraverso una tavola rotonda che coinvolgerà tutte le categorie interessate: studenti, genitori, professori, maestre, ricercatori, precari dell’università. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.

Il futuro della Pubblica Istruzione non riguarda soltanto studenti, precari, alunni o maestre, riguarda TUTTI.

Di fronte a questa posta in gioco, non è più possibile rimanere neutrali:
chi oggi sceglie di non essere parte della soluzione, sceglie di essere parte del problema.

 

Humpty Dumpty

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Università SVENDESI

I
principali punti del decreto legge sono:

1)Tagli
al Fondo di finanziamento per le università in 5 anni
di
quasi 1,5 miliardo
di euro, pari a circa il 20% del finanziamento totale: questo
provocherà aumenti vertiginosi delle tasse universitarie, tagli del
personale, chiusura delle piccole università, svendita ai privati.

2)Incentivo
alla
trasformazione
delle università pubbliche in fondazioni private:

visti
i tagli le università saranno costrette a trovare nuove forme di
finanziamento privato tramite appunto le fondazioni. In questo modo
nella formazione degli studenti esigenze aziendali e di profitto
prevarranno sulla qualità del sapere.

3)Diminuzione
dell’organico di ricerca del 50%

in 5 anni e con essa l’impossibilità per i giovani laureati di
intraprendere una qualsiasi carriera universitaria e ulteriore
riduzione della possibilità di stabilizzazione per gli attuali
precari
.

4)Revisione
degli stipendi triennale anziché biennale

con un progressiva perdita di potere d’acquisto da parte del
personale universitario ed in particolare dei giovani ricercatori.

I TAGLI

I tagli avverranno secondo questo schema, con la riduzione di: -3.5
milioni di euro per l’anno 2009 ; -190 milioni di euro per l’anno
2010 ;- 316 milioni di euro per l’anno 2011 ; -417 milioni di euro
per l’anno 2012 ; – 455 milioni di euro a decorrere dell’anno
2013, per un totale di 1441.5 milioni di euro almeno fino al 2013
.

I
Senati Accademici delle stesse università prevedono per i prossimi
anni, non riuscendo a coprire nemmeno le spese per l’organico, un
aumento che arriverà a
TRIPLICARE
le attuali tasse d’iscrizione.
Anche
se la Gelmini dichiara che “Non sono previsti aumenti delle tasse
universitarie, la cui quota è fissata per legge” questi aumenti
NON li stabilisce il Ministero ma le università, che sono autonome,
e che in caso di necessità POSSONO aumentare le tasse che NON sono
fissate per legge.

Con
il passaggio a fondazione l’università potrà quindi (e vista la
mancanza di fondi, dovrà) chiedere agli studenti una cifra valutata
senza dover rispondere a nessun tetto prefissato. Una
retta
universitaria da 10000 euro

potrebbe essere uno standard per il prossimo anno accademico.

Queste
misure sponsorizzate dal binomio aziende e politica spingeranno
sempre di più l’università verso una struttura asservita alle
logiche di mercato, ai privati che finanzieranno la didattica e la
ricerca secondo le loro esigenze di produrre profitto, certo non
formazione! Un’università secondo il modello anglo-americano:
creazione di centri di eccellenza costosi e privilegiati e la
conseguente selezione ed esclusione in base al reddito.
Quanti
degli studenti e delle studentesse potranno permettersi un percorso
di studi che costi complessivamente 50’000 euro?

Realisticamente pochi, gli altri saranno quindi costretti a
auto-dirottarsi verso quei poli compatibili con il proprio
portafoglio, verso le università poco attrattive per le aziende e
private di tutto…

Questo
non possiamo permetterlo!

Contro
il decreto legge Gelmini e i tagli all’istruzione pubblica

BLOCCHIAMO
LE UNIVERSITA’!!!

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POTRAI ANCORA PERMETTERTI L’UNIVERSITA’?

Il
decreto legge Gelmini prevede
a
partire dal prossimo anno

tagli disastrosi al fondo per il finanziamento all’università. Il
20% del finanziamento totale, quasi 1,5 miliardi di euro, nei
prossimi quattro anni verrà tagliato dalle spese per l’università
pubblica.


QUESTO
PROVOCHERÀ AUMENTI VERTIGINOSI DELLE TASSE UNIVERSITARIE


 Gli
atenei di tutta Italia avranno difficoltà a sostenere anche le spese
per i lavoratori organici e le tasse aumenteranno fino al triplo di
quelle attuali.

 Rette
universitarie da 10.000

euro potrebbero essere uno standard per l’iscrizione ai prossimi
anni accademici.

 Rischiamo
di ritrovarci in un sistema simile a quello americano dove per
potersi permettere gli studi universitari è necessario aprire un
mutuo ventennale come se si dovesse comprare una casa.


Questo
non possiamo permetterlo!

Contro
il decreto Gelmini e contro i tagli alla pubblica istruzione
:


BLOCCHIAMO
LE UNIVERSITA’!!!

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Dal precariato alle cooperative

Il
decreto Brunetta rappresenta l’ultimo di una lunga serie di
indiscriminati attacchi rivolti ai lavoratori del Pubblico Impiego,
individuati come capro espiatorio degli sprechi del denaro pubblico,
sperperato in anni di politiche guerrafondaie e volte ad agevolare
solo il privato.

Vent’anni
di tagli nella Pubblica Amministrazione stanno oggi distruggendo
anche il mondo dell’istruzione. Con la riforma Gelmini si è
arrivati a colpire tutti, dalle elementari all’università e grazie
alla scusa di favorire la “meritocrazia” si legittima il
licenziamento di decine di migliaia di lavoratori.

Sotto
i nostri occhi
stanno
per essere mandati a casa 501 precari dell’ateneo genovese
,
ai quali, come unica pallida alternativa, è stata proposta
l’assunzione in cooperative. Questo comporterà per loro una
drastica riduzione degli stipendi, un peggioramento delle condizioni
di lavoro e
un’irrimediabile
impoverimento dei servizi erogati agli studenti
.

Le
cooperative, infatti, sarebbero sottoposte annualmente a gare
d’appalto che, in base a logiche di mercato, agevolerebbero le
offerte a basso costo con ovvie e tragiche conseguenze sia per i
lavoratori che per noi studenti.

 
Istruzione
e lavoro sono diritti imprescindibili sanciti dalla Costituzione:
renderli precari non fa parte della soluzione, ma fa parte del
problema!

Contro
i decreti legge Brunetta e Gelmini e i tagli all’istruzione
pubblica:

BLOCCHIAMO
LE UNIVERSITA’

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Roma, 11 febbraio 1950

Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso
dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn)

 Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su

Roma e trasfornare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol
istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le
scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle

scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito
dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle.

Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte
le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice, di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.

Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna
discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto:  rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

 


(Pubblicato sulla rivista "Scuola democratica", 20 marzo 1950)
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PER AVERE DEI SOLDI, DOBBIAMO PRENDERLO ANCHE NOI IN CULO DAI PRETI?!

Ogni anno il bando
d’ateneo per finanziare le iniziative autogestite dagli studenti
viene esaminato da una commissione paritetica in gran parte servile e
contigua alle lobby universitarie, che nell’esame delle proposte
non considera affatto i parametri di valutazione richiesti dal bando.

Infatti il gruppo di
COMUNIONE E LIBERAZIONE, che si fa chiamare “Il Pensiero
Dominante”
, riesce sempre ad ottenere le intere preventivate
(solitamente le più elevate), nonostante non si curi affatto di
presentare progetti fruibili dall’intera comunità universitaria,
condizione indispensabile all’approvazione.

Quest’anno ad esempio i
bravi “ciellini” sono riusciti a farsi finanziare una “vacanzina”
di 4 giorni in albergo per loro pochi intimi (100 persone di fronte
al numero totale degli studenti genovesi, è una cifra ridicola!) per
dibattere di “canzone partenopea e Divina Commedia”, il tutto
alla modica cifra di quasi 8.000 euro. (sospiri di scandalo diffuso)

Ci permettiamo fra le
altre cose di contestare il pessimo abbinamento!

L’approvazione di
questa gitarella ha costato l’eliminazione di una serie di altre
proposte di contenuti interessanti ma soprattutto fruibili da tutti
gli studenti
.

In altre parole le
facoltà avrebbero potuto ospitare conferenze, dibattiti, proiezioni
e quant’altro riguardanti temi sociali all’ordine del giorno
quali il precariato, l’immigrazione, il diritto alla casa e
tematiche culturalmente più pregnanti.

Una domanda si pone:
dobbiamo imputare queste scelte ad una diffusa paura del confronto
con la realtà in ambito universitario o piuttosto agli stretti
legami che intercorrono fra molti componenti della commissione
paritetica d’ateneo e la consorteria di COMUNIONE E LIBERAZIONE?

Chiediamo
che il Senato Accademico riveda le posizioni della C.P.A. e, in
generale, di non prestarsi a giochi di potere di infimo livello.

HUMPTY DUMPTY ,

MOVIMENTO STUDENTESCO

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GENOVA ANTIFASCISTA

Il Collettivo Humpty Dumpty partecipa, come parte integrante, alla piattaforma mobilitata in questi giorni dai numerosi soggetti antifascisti presenti sul territorio genovese, a seguito del preoccupante clima d’intolleranza che si sta diffondendo nel paese.

 

ROMPIAMO IL SILENZIO PER NON
ASSUEFARCI ALLA BARBARIE

La
paura mangia l’anima, anzi la divora.

Il timore di non vedere rinnovato il proprio
contratto di lavoro oppure di perderlo; l’angoscia di non riuscire
ad arrivare a fine mese col proprio stipendio o con la pensione;
l’ansia di non sapersi prefigurare un futuro degno di essere
vissuto…

E’
su queste insicurezze reali che chi detiene il potere specula,
creando una virtuale emergenza sicurezza basata su concetti semplici
ed efficaci e centrata sulla guerra fra poveri.

Gli/le
immigrati/e sono diventati il capro espiatorio di ogni male di questa
società: precarietà, invivibilità delle città,
violenza sulle donne e sui soggetti deboli.

Gli
ultimi fatti di cronaca, che hanno visto immigrati protagonisti di
stupri a donne italiane, sono stati mediatizzati al punto da
giustificare politiche securitarie razziste.

Mentre
tutti/e sanno, ma spesso si preferisce rimuoverlo, che la violenza
sulle donne avviene principalmente all’interno delle famiglie e
delle case.

Creare
emergenze fittizie serve a distogliere l’attenzione da quelle
reali, così come dare false soluzioni ai problemi sociali è
utile per non risolverli alla radice.

Intanto
la devastazione ambientale avanza, la precarietà dilaga,
l’imbarbarimento culturale si diffonde sempre più.

Politici di destra e sinistra si fanno concorrenza
nel finanziare missioni militari, reprimere i movimenti di lotta,
spartirsi le mazzette dei propri malaffari.

In
questo clima prosperano le formazioni neo-fasciste, che supportano
l’opera dei governanti. Questi squadristi vogliono controllare il
territorio, alternando le ronde a veri e propri raids, attaccano
immigrati/e, gay, lesbiche, trans, militanti del movimento e chiunque
sia individuabile come diverso .

Trasformiamo
la nostra paura in ribellione….come il giorno in cui la popolazione
della Val di Susa, insieme a tanti altri solidali, ha liberato
“Venaus”, oppure le mobilitazioni all’esterno dei CPT che si
sono legate alle rivolte interne e alle tante evasioni di massa da
questi lager.

La
passione di cambiare lo stato di cose esistenti e i rapporti fra le
persone ci accomuna a coloro che hanno liberato l’Italia dal
nazifascismo, a chi il 30 giugno ’60 a Genova è sceso in
piazza per impedire il congresso dell’MSI al teatro Margherita e a
chi negli anni ’60 e ’70 ha tentato di rivoluzionare la società.

Sappiamo
che lottando insieme si trasformano le relazioni fra le persone e si
trovano collettivamente gli strumenti per liberarsi dalla schiavitù
dello sfruttamento in un mondo che sembra sempre più una
galera a cielo aperto.


INIZIATIVA IN PIAZZA….. VENERDI’ 27 GIUGNO
H. 18/24


MANIFESTAZIONE
LUNEDI’ 30 GIUGNO H.17

GENOVA ANTIFASCISTA

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BASTA PRECARIETÀ NELL’UNIVERSITÀ

 

Manifestazione contro la precarietà dei lavoratori universitari, giugno 2008

 

L’Università di Genova si è avvalsa per anni del supporto di centinaia di collaboratori con contratti precari ma costantemente rinnovati per sopperire alle carenze d’organico.
Non sono stati comunicati i numeri precisi ma si stimano in diverse centinaia lavoratori precari (amministrativi, tecnici, bibliotecari, manager didattici ecc.). 

 

A seguito dell’ultima legge finanziaria (art.3 comma 90 legge 244/2007) queste tipologie di contratto non possono più essere stipulate se non limitatamente a particolarissime condizioni.
Lo scopo è eliminare il precariato stabilizzando coloro il cui lavoro è chiaramente utile e non corrisponde ad un’esigenza temporanea.
 
Purtroppo questo nobile fine è completamente travisato dai pareri fortemente restrittivi della Funzione Pubblica, diffusi tramite successive circolari.
 
L’Università di Genova, anche se potrebbe avvalersi della propria autonomia e decidere il suo futuro e quello di centinaia di lavoratori in maniera indipendente, ritiene di attenersi a queste circolari in pratica lasciando a casa tutti questi lavoratori che hanno così la definitiva conferma di avere tanti doveri e nessun diritto (di fatto nemmeno la malattia!).

 
L’unica alternativa che è già stata attuata, e che comunque non si potrà applicare per molti, è stata quella di impiegare alcune persone tramite agenzia di lavoro a somministrazione (ex interinale), con un costo ecisamente maggiore per l’Ateneo rispetto ai precedenti contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
 
Eliminare il precariato producendo disoccupazione è un controsenso! A queste condizioni evviva il precariato!
 
Prima del 9 giugno p.v., data in cui si riunirà il Senato accademico per decidere anche delle nostre sorti, chiediamo un incontro con il Direttore Amministrativo per avere delle risposte chiare ed univoche.

 Humpty Dumpty e Comitato Lavoratori Precari dell’Università

 

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SOLIDARIETÀ AI COLLETTIVI DELLA SAPIENZA

Anche da Genova esprimiamo solidarietà ai ragazzi dei collettivi della
Sapienza di Roma.



L’aggressione fascista subita nei giorni scorsi non è che l’ultimo,
pesantissimo segnale di una tendenza che si sta imponendo con violenza nel
nostro paese, dove xenofobia, razzismo e intolleranza sono il pane quotidiano
di una destra che sta cercando di farne valori della società. Gli episodi che si
stanno moltiplicando con ritmi preoccupanti, dai fatti di Verona agli
attacchi ai campi nomadi, dalle aggressioni ai circoli omosessuali, agli
sgomberi passati sotto silenzio di diversi centri sociali in varie parti
d’Italia, hanno segnato il limite.
Così come è intollerabile l’atteggiamento di chi, tra stampa e istituzioni,
insiste a definire fatti come quelli di Verona o del Pigneto come "atti non
politici", oppure stigmatizza le aggressioni come scontri fra bande di
estremisti politici di opposto segno. Come se la dinamica, i coltelli, i
bastoni e le auto senza targa utilizzate dagli aggressori fossero elementi
trascurabili, come se si potesse deliberatamente confondere un’aggressione
squadrista in piena regola con una banale rissa.
La società civile antifascista non può tollerare che il diffondersi di un simile
fetore violento riporti il paese agli Anni Venti. E’ necessario opporsi,
dare un segnale forte al tessuto sociale e culturale del nostro paese,
organizzando l’antifascismo in modo attivo e soprattutto costruttivo. Perché
quello che oggi è capitato ai ragazzi della Sapienza, agli immigrati del
Pigneto, ai trans del Pranestino o ai rom a Napoli, domani può capitare a
tutti.




Humpty Dumpty

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