Da quando, appena due mesi fa, questo
movimento ha mosso i suoi primi passi molte cose sono cambiate,
facendo crescere la speranza che molte altre cambieranno. L’onda è cresciuta e altri, sulla
sua scia, si sono mossi: vediamo nella proclamazione dello sciopero
generale del 12 dicembre un segnale di questa crescita.
Uno sciopero
generale reclamato e ottenuto da chi, in queste giornate di lotta, ha
dato vita nelle piazze ad una mobilitazione capace di riconquistarsi,
autorappresentandosi, i propri spazi di azione, dettando cosi il
calendario politico nazionale. Nel riconoscere però a questo
movimento il merito della proclamazione delle mobilitazioni del 12,
sentiamo anche addosso la responsabilità di rendere realmente
generale – e quindi generalizzato – lo sciopero, ritenendo
insufficienti solo quattro ore di astensione dal lavoro. Lo slogan che ci ha accompagnato, e che
più ha rappresentato il movimento in questi due mesi di lotta, è
stato: “Noi la crisi non la paghiamo”. Vogliamo quindi, nel
percorso di avvicinamento allo sciopero generale del 12, allargare
questo “noi” a tutte quelle categorie sociali che oggi, insieme
agli studenti, pagano sulla propria pelle questa crisi.
Vogliamo che lavoratori, precari,
immigrati, pensionati, casalinghe, insegnanti e disoccupati vedano
nell’onda la possibilità di raddrizzare, sovvertendolo, l’ordine
capovolto di un paese come l’Italia, paese in cui giustizia e
legalità rappresentano spesso due valori contrapposti. Un paese in cui è sicuramente ingiusto
– ma legale – formulare contratti di lavoro che non garantiscono né
un presente dignitoso, né un futuro programmabile. Dove è giusto – ma illegale – occupare
università contro una legge anticostituzionale e liberticida. Un paese in cui è legale e
giustificata la discriminazione delle persone sulla base di un
fantomatico reato di clandestinità, siano essi
immigrati rinchiusi in un cpt o i loro figli relegati in quella
soluzione neofascista chiamata “classi ponte”. Un paese in cui le sentenze dei
tribunali hanno sancito da una parte l‘illegalità di una lotta per
rendere possibile un mondo diverso, dall’altra la legalità di
reprimere questa lotta irrompendo nottetempo in una scuola con
un‘operazione definita, dagli stessi esecutori, “di macelleria”.
La risposta di questo governo alle
nostre pretese, quando non è stata affidata alla repressione
poliziesca, è sempre stata “non ci sono i soldi”… Non è vero,
non ci crediamo. In questa Italia i soldi ci sono per
salvare le banche e i loro giochi speculativi, ci sono per esportare
a colpi di bombe sui civili la “democrazia” in altri paesi; non
ci sono però i soldi per garantire una casa o un lavoro degni di
essere chiamati tali per tutti, non ci sono e sempre meno ce ne
saranno per assicurare un’istruzione pubblica libera e capace di
sviluppare un pensiero critico.
A fronte di quanto detto, riconosciamo
quindi, nello sciopero generale del 12, una prima tappa fondamentale
di un percorso di lotta che vedrà contrapporsi sempre più quella
parte di società sulla quale si vuol far ricadere il prezzo della
crisi e chi questa crisi ha generato speculando e e su di essa
continuerà a speculare. Da qui al 12 saranno molte le giornate
di mobilitazione, analisi e comunicazione diretta; l’Onda scorrerà
per le strade raccogliendo le istanze della gente, si ritirerà nelle
facoltà per una tre giorni di analisi sull’università e la
società, per poi esondare travolgente nella giornata dello sciopero
sociale e non fermarsi più.